COMANDINI: ”LAVORIAMO INSIEME PER CAMBIARE IL FUTURO DELLA SARDEGNA”

Ho avuto il piacere di intervistare Piero Comandini, Presidente del Consiglio regionale e segretario del PD.

Abbiamo toccato tanti temi: la sanità, i trasporti, le riforme, il futuro del PD in Sardegna, i giovani, il diritto allo studio e tanto altro.

È stata un’intervista ricca di contenuti e spunti di riflessione.

Buona lettura!

Partirei innanzitutto dalle prossime attività del consiglio regionale: in questi giorni si stanno riunendo le prime commissioni, quali priorità e temi affronterà il Consiglio da lei guidato nei prossimi mesi?

‘’Ci sono dei temi sui quali abbiamo basato la nostra campagna elettorale e sui quali i sardi ci hanno dato la loro fiducia che affronteremo da questo mese.

In primis la continuità territoriale, con il nuovo bando che deve essere approvato entro il 2026, e poi una riorganizzazione sanitaria, per migliorare il rapporto tra il cittadino e il suo diritto alla salute. 

Rispetto a quest’ultimo questo dovremo rafforzare soprattutto i territori, in quanto -dal Covid in poi- la maggiore criticità che si è presentata nella sanità è quella della territorialità; è necessario lavorare in questa direzione per evitare la bruttissima piaga che noi abbiamo, cioè le liste d’attesa, e per garantire il diritto del cittadino ad essere curato nel proprio domicilio e nel proprio territorio.

Un altro tema su cui bisogna lavorare è il diritto allo studio.

Ho fatto riferimento a queste tre materie perché ritengo che costruiscano un disegno basato sulla fidelizzazione e sul radicamento tra i sardi e i loro territori: il rischio concreto è infatti di vedere in aumento i sardi che se ne vanno e non tornano più e cioè, sostanzialmente, di spopolarsi.’’

Parliamo di sanità. Lo scorso 26 Luglio a Tramatza, durante l’assemblea regionale del PD, lei ha dichiarato: ‘’Sulla sanità non abbiamo fatto una riforma ma solo nomine, quelle dei commissari’’.

Sta iniziando un nuovo anno politico: da dove si riparte?

‘’E’ verissimo, noi mediante i commissariamenti abbiamo giustamente provveduto ad un cambio di manager, ma oggi è necessario cambiare passo per arrivare ad una vera e propria riorganizzazione del servizio sanitario in Sardegna. 

Non si può pensare che la sanità sia di destra o di sinistra: la sanità non appartiene ad una ideologia o ad una maggiornaza: è un diritto e come tale deve essere garantito da tutti quelli che governano. 

Proprio per questo partirei proprio dalla riorganizzazione del territorio, prima di tutto dando la possibilità alle persone con alcune patologie di essere curate in casa.

Inoltre, è necessario lavorare con i medici di base rafforzando la loro struttura e utilizzare nuove tecnologie affinché molti esami possano essere fatti anche sul territorio. 

Ritengo poi importante aumentare le borse di studio di specializzazione, cosa che, come Regione Sardegna, faremo.

Un altro punto chiave è quello di investire nel rapporto tra il pubblico e il privato: posto che il diritto alla salute deve essere pubblico, riteniamo che il rapporto con i privati debba essere regolamentato mediante una disciplina che permetta al privato di aiutare il pubblico dove questo non arriva, affinché possa fornire un’adeguata assistenza sanitaria.

Ricapitolando, quello che vogliamo raggiungere è quindi un modello basato sul rapporto con la persona, sulla riorganizzazione del territorio, sugli investimenti sui giovani attraverso le borse di specializzazione e un rapporto con il privato dove il pubblico non arriva.’’

Secondo lei quanto tempo ci vorrà per realizzare tutte queste riforme? 

‘’Io credo che il problema della sanità non sia qualcosa che possa essere risolto in tempi brevi: c’è un problema culturale, di organizzazione e di investimenti.

I tempi non sono brevi ma è necessario partire, sempre avendo presente che la questione sanitaria non è un questione che può riguardare solo una maggioranza o un partito.

Mi auguro che la sanità diventi un servizio che vada a sistema, considerando -e non è un alibi- che il problema della riorganizzazione sanitaria è un problema italiano ed europeo: purtroppo il problema delle liste d’attesa è presente anche in regioni italiane con un sistema sanitario migliore, penso per esempio all’Emilia Romagna.

Ciò di cui sono convinto è che bisogna partire: non possiamo assistere inerti ad una demotivazione e al fatto di non cambiare le cose.

Siamo stati chiamati a governare per cambiare le cose e dobbiamo farlo.’’

Parliamo di PD. 

Recentemente ha annunciato che il 19 Settembre ci sarà l’elezione da parte dell’assemblea del Partito Democratico del nuovo segretario regionale: pare sicuro che a prendere il suo posto sarà il deputato sassarese Silvio Lai.

Le faccio una domanda relativa alle modalità di nomina: il nuovo segretario verrà eletto direttamente dall’assemblea regionale senza passare dalle primarie. Perché questa scelta?

‘’Il popolo delle primarie, quando si sono tenute, ha eletto l’assemblea regionale, che poi ha eletto me segretario. 

Io credo che quella assemblea, che è frutto di quelle primarie, abbia ancora il diritto, l’autonomia e il mandato di eleggere il nuovo segretario.

Sono convinto che il PD abbia bisogno di un nuovo segretario che dia ulteriore energia e organizzazione al partito.

Sarà una staffetta indolore che ci permetterà di avere un Partito Democratico più forte.’’

Nella scorsa legislatura il PD ha aspramente criticato Michele Pais per essere contemporaneamente sia segretario regionale di partito (la Lega) che Presidente del Consiglio Regionale, che però è la stessa situazione in cui si trova lei oggi.

Certo, c’è stata la questione decadenza, che però risale a Gennaio, mentre lei ha annunciato le sue dimissioni da segretario solo a Dicembre, ben 8 mesi dopo la sua nomina a Presidente del Consiglio.

A cosa è stato dovuto questo ritardo?

‘’Quegli 8 mesi sono dovuti al fatto di dover organizzare un rapporto qui in Consiglio Regionale e organizzare anche alcuni aspetti all’interno del PD che ci permettessero di fare questo passaggio; tuttavia, sin dal primo momento, ho posto questo problema al mio partito e ho sempre parlato di una incompatibilità soprattutto con il mio modo di fare politica: ho sempre creduto che chi svolge un ruolo istituzionale non debba svolgere un ruolo dentro un partito in quanto non debba essere condizionato dalle proprie ambizioni personali.

Sinceramente non paragonerei la mia vicenda con quella di Michele Pais, che è stato un buon Presidente, ma a differenza sua io sono stato eletto mediante le primarie, non sono stato nominato.

Per quello probabilmente in quel momento quella critica, che devo dire anche ingiusta, era dovuta alla sua nomina e non alla sua elezione.’’

Cambiamo decisamente argomento: parliamo di giovani.

Siamo la regione d’Italia con il più alto tasso di abbandono scolastico, siamo sotto la media italiana per numero di persone sotto i 18 anni (12% contro 15%) rispetto alla popolazione totale.

A tutto questo si aggiunge un grave problema di denatalità.

Insomma dati più che allarmanti. Si può invertire la rotta?

‘’Noi abbiamo un dovere: non dobbiamo governare solo le emergenze e i problemi che ci possono nascere quotidianamente, ma dobbiamo anche cercare di programmare il futuro: è questo che fa la differenza tra chi ha una visione in politica e chi invece governa solo per vincere le elezioni o cercare qualche preferenza. 

Io mi sento di appartenere, vista l’età e visti anche i grandi risultati che ho ottenuto -ritengo sempre- superiori ai miei meriti, che devo lavorare insieme da altri per cercare di cambiare il futuro. 

Guardandolo oggi il futuro ci appare triste, annunciato da numeri ai quali stavi facendo riferimento.

Per questo credo che dobbiamo arrivare ad un rapporto di fiducia che manca tra i giovani: c’è un grande senso di sfiducia che le cose non possano cambiare e che ritengo molto negativo: le cose devono cambiare.

La politica negli ultimi anni ha avuto grandi responsabilità perché non si sono visti quei cambiamenti che invece si sarebbero dovuti vedere: non abbiamo capito un mondo che cambiava.

Per invertire la tendenza dobbiamo investire molto sul diritto allo studio: siamo una delle regioni che più investe sul diritto allo studio ma dobbiamo ancora fare di più facendo ricorso a borse di studio.

Bisogna lavorare sul diritto alla casa per giovani che vogliono studiare e anche con la possibilità che i nostri giovani possano andare all’estero a lavorare o studiare, che non deve essere visto come un problema, ma come un’opportunità che quel giovane vuole avere. 

Inoltre, grandi investimenti attrattivi per le nuove industrie che vogliono investire in Sardegna, quelle del conoscere e del sapere, ma anche delle nuove tecnologie.

Su questo dobbiamo creare le condizioni anche dal punto di vista finanziario mediante l’abbassamento dei costi per investire nella nostra isola, come peraltro già avviene in tante altre parti del mondo.

Un’altra questione a cui tengo particolarmente è che sono sicuro che noi non potremo mai essere copiati nel resto del mondo relativamente alla qualità del nostro agroalimentare.

E’ necessario investire tanto nell’agricoltura: ci sono tanti giovani che prendono le aziende dei nonni e che stanno avendo grandi soddisfazioni.

Oltre a questo è necessario garantire una continuità territoriale che non sia non solo per i sardi: chiunque voglia venire in Sardegna deve avere gli stessi diritti di continuità territoriale di quelli che ci nascono.

Per fare tutto questo occorre tempo, ma anche costruire un nuovo rapporto di fiducia tra le istituzioni e i sardi, soprattutto quelli più giovani.

E’ un lavoro importante, ma che permetterebbe alla Sardegna di avere un futuro.’’

Questione decadenza.

Non voglio parlare di questioni politiche ma di tempistiche: pochi giorni fa in un’intervista rilasciata all’ Unione Sarda Roberto Deriu, capogruppo PD in Consiglio Regionale, ha dichiarato che i giudizi sulla decadenza della Presidente Todde arriveranno dopo il 2029, ma l’Unione Sarda stessa e altri siti riportano che sia la Corte d’appello che la Corte costituzionale si esprimeranno sul caso decadenza tra fine Settembre e inizio 2026.

Lei ha detto ‘’noi non lavoriamo guardando la clessidra’’, tuttavia credo che fare chiarezza su questo aspetto sia importante: quando si chiuderà, almeno giuridicamente, la questione decadenza?

‘’La Presidente ha gli stessi diritti di qualsiasi cittadino italiano, di conseguenza sono previsti tre gradi di giudizio: tribunale, Corte d’Appello e Corte di Cassazione. 

Noi ci troviamo adesso al secondo grado di giudizio, che ha dei tempi che non sono stabiliti dalla politica ma dai giudici; di conseguenza aspetteremo le tempistiche dei giudici, su cui abbiamo la massima fiducia e che si pronunceranno, io credo, tra Novembre e Gennaio.

Poi ci sarà la Cassazione che avrà anch’essa una sua tempistica.

Più che guardare i tempi preferirei soffermarmi sulle ragioni che hanno portato la Presidente ad attivare quel tipo di rendicontazione, che è normata da una legge che prevedeva l’elezione del Presidente non direttamente dai cittadini ma dal Consiglio Regionale, come avviene tutt’ora in alcune regioni italiane.

Purtroppo quei procedimenti di rendicontazione elettorale non sono perfettamente applicabili al candidato Presidente della Regione, che invece ad oggi viene eletto direttamente dai cittadini. 

Questo aspetto, strettamente giuridico, ha portato i giudici del tribunale a discutere molto, e credo che porterà a discutere molto anche quelli della Corte d’Appello.

Quindi, i tempi dipendono dal tribunale e nessuno di noi sa se saranno lunghi o brevi, per cui, diversamente da altri che sparano date, confido che questa sia una legislatura che possa durare fino al termine del proprio mandato elettorale, che è il 2029. 

Un tema che vorrei rilanciare, e che secondo me è il cappello di tutto, è quello delle riforme: in questo momento la Sardegna è strutturata secondo una legge che è di 47 anni fa.

Non abbiamo una legge statutaria, se la avessimo non ci troveremmo in questa situazione di decadenza della Todde.

Uno degli obiettivi che mi sono posto come Presidente del Consiglio regionale è non avere più strumenti del Medioevo ma al contrario leggi snelle, regolamenti efficaci e norme di attuazione.

Per me la stagione che si apre, da questo mese, è la stagione delle riforme. 

Tutto quello che ci stiamo raccontando non può essere cambiato se abbiamo regole interne e strumenti vecchi: solo attraverso le riforme possiamo costruire il futuro per la Sardegna.

A proposito di riforme, ci sarà anche un lavoro sulla legge elettorale?

”Io mi considero un proporzionalista puro, nel senso che credo che la migliore legge elettorale che il Paese abbia mai avuto sia stata il proporzionale: una partito si candida e l’elettore mette le sue preferenze, poi, in base a voti presi, si determina il numero degli eletti. 

Questo sistema è stato l’unico che ha permesso al cittadino di scegliere realmente il proprio rappresentante: il sistema delle regionali e delle comunali funzioni benissimo.

Altri sistemi in cui l’elettore ha già il nome stampato sulla scheda e in cui ‘’basta una croce’’ li ritengo antidemocratici.

Peraltro questi sistemi di cambiamento della legge elettorale non hanno migliorato la qualità delle istituzioni molte volte ma, anzi, hanno abbandonato la partecipazione al voto, che negli ultimi 20 anni è nettamente diminuita.

Ritengo che la nuova legge elettorale, qualora ci fosse, deve garantire soprattutto due cose: la massima rappresentatività -quindi la scelta dell’elettore- e la parità di genere, anch’essa molto importante.”

Lei ritiene che le soglie di sbarramento che ci sono nell’attuale legge elettorale sarda (5% per il partito singolo, 10% per le coalizioni) siano troppo alte?

Queste soglie hanno infatti fatto sì che i 65.000 elettori che hanno votato Renato Soru nel 2024 non abbiano avuto alcun rappresentante in Consiglio Regionale, e stessa cosa è accaduta nel 2014 per gli 85.000 che hanno votato Michela Murgia. 

‘’Ritengo che le soglie di sbarramento non aiutino: sono state presentate come lo strumento che non avrebbe permesso il proliferare di partiti, invece abbiamo visto che con le soglie di sbarramento i partiti sono addirittura aumentati.

Il sistema elettorale migliore è quello della cosiddetta ‘’prima repubblica”, in cui tutti erano liberi di partecipare alle elezioni e poi, in base ai risultati, si determinava il numero di seggi spettanti a ciascun partito. 

I cambiamenti dei sistemi elettorali nel nostro paese hanno inoltre portato ad una riduzione del numero di partecipanti al voto: siamo sotto il 50%.

Oltre a questo, hanno anche indebolito i partiti, che ormai sono diventati quasi tutti personali, con il nome del loro leader nel simbolo; per fortuna il Partito Democratico è un partito popolare, scalabile e con i suoi organi.’’

Veniamo all’ultima domanda: sono sempre meno ignorabili i segnali che fanno presagire elezioni regionali a breve.

Nel centrodestra è già partito un toto-nomi per la Presidenza e Stefano Tunis, consigliere di opposizione, ha detto che il centrosinistra è già in campagna elettorale. Cosa risponde?

‘’Mi dispiace deludere i miei amici del centrodestra: non siamo in campagna elettorale ma siamo impegnati a lavorare affinché i sardi possano stare meglio. 

Non ci interessano quindi discussioni né di toto-nomi né di toto-elezioni.’’

Si ringrazia il Presidente Comandini per la disponibilità.

Andrea Olla

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