Fernando Codonesu è tra le figure principali della Scuola di cultura politica Francesco Cocco, a Cagliari.
Nella sua vita si è occupato soprattutto di servitù militari, energia -è laureato in fisica e in ingegneria elettronica- e di legge elettorale.
In questa intervista abbiamo parlato dei principali temi di attualità politica regionale, dalla legge elettorale fino ad energia e trasporti.
Un intervista lunga, ma piena di contenuti e spunti che meritano un’adeguata riflessione.
Buona lettura.
Partirei da una domanda strettamente politica: ormai è trascorso un anno e mezzo da quando Alessandra Todde e la sua giunta si sono insidiati. Tanti i temi affrontati per ora: sanità, la questione eolica, la decadenza, i trasporti, l’agricoltura.
A suo avviso più luci o più ombre in questo primo anno e mezzo di governo regionale?
“Devo riconoscere che c’è stata attività da parte della giunta e della Presidente, ma parlare solo di luci mi sembra eccessivo: personalmente vedo più ombre che luci, soprattutto su alcuni temi fondamentali, penso per esempio alla legge elettorale.
Su questo tema, infatti, sono stati tanti i contributi da parte della società civile: anche noi come associazione politica culturale Francesco Cocco abbiamo presentato una vera e propria proposta di legge elettorale, per altro fatta propria da Alleanza Verdi Sinistra, partito che oggi si trova in maggioranza in Consiglio Regionale.
Non siamo gli unici: oltre a noi poi c’è anche un altro grande raggruppamento avviato dall’associazione Sardegna chiama Sardegna, a cui poi hanno aderito tante altre associazioni e partiti tra cui sinistra futura: anche loro stanno lavorando ad un nuovo testo di legge elettorale in chiave proporzionale.
Come si può vedere, dunque, a livello di società civile si è fatto molto, moltissimo, come mai era accaduto prima e la risposta a tutto questo della giunta regionale è stata quella di “nominare esperti” per scrivere una nuova legge elettorale.
A me sinceramente sembra a dir poco offensivo rispetto a tutto quello che c’è stato a livello di associazionismo.
Questi atteggiamenti che non tengono conto di quello che produce la cittadinanza attiva tendono a ricordare soprattutto politiche di destra, ma questa, ricordiamocelo, è una giunta di centrosinistra.
Ma perché sta accadendo tutto questo? Bisogna chiedersi, chi gioca contro la legge elettorale e non ne vuole la modifica? Paradossalmente i partiti che sono all’interno della maggioranza.
Può sembrare strano, ma in realtà il perché è molto semplice: fa molto più comodo avere 6 seggi in più da dividersi, che sono quelli del premio di maggioranza, rispetto ad averne solo 1 o 2.
Paradossalmente sono loro che non voglio cambiare nulla, nonostante una rivisitazione della legge elettorale fosse stata annunciata in pompa magna nel programma elettorale.
Altro tema, che ritengo molto grave, è quello della decadenza: è stato affrontato esclusivamente dal punto di vista giuridico e non politico, come poteva e doveva essere affrontato.
E’ una vera e propria spada di Damocle che provoca un grande clima di incertezza.
A mio avviso questa questione sarebbe dovuta essere affrontata da subito da parte della Presidente e del Presidente del Consiglio regionale.
Quest’ultimo poi si sarebbe subito dovuto esprimere, o dicendo che non ci sono gli estremi per la decadenza o che ci sono.
Quando lo abbiamo saputo, elettori e cittadini, era il 3 gennaio, ma in realtà loro lo sapevano almeno 10 giorni prima: se tutto fosse stato chiarito subito non avremmo avuto questo clima di incertezza.
Per queste due ragioni ti parlo di più ombre che di luci.”
Torniamo alla legge elettorale. La principale critica che viene rivolta all’attuale legge elettorale sarda è il fatto di avere soglie di sbarramento troppo elevate, e dunque di lasciare senza rappresentanti in Consiglio regionale migliaia di elettori.
Dall’altra parte c’è chi però questa legge la difende: Franco Cuccureddu, tra i padri di questa legge e oggi assessore al turismo, sostiene che le soglie alte sono necessarie per garantire governabilità.
A questo punto le chiedo: un equilibrio tra governabilità e rappresentanza è possibile? Che soglia potrebbe rappresentare questo equilibrio?
“Questa legge elettorale, è vero, garantisce stabilità; ritengo tuttavia che sia lontana dalle tre caratteristiche che una buona legge elettorale deve necessariamente avere: rappresentanza politica, rappresentanza territoriale e rappresentanza di genere.
Partiamo dalla rappresentanza politica. L’attuale legge prevede delle soglie di sbarramento del 10% per le coalizioni e del 5% per il singolo partito.
Noi riteniamo siano troppo alte, basta guardare che cosa hanno provocato: nel 2014 85.000 elettori che hanno votato Michela Murgia non hanno avuto neanche un consigliere regionale, stessa cosa è accaduta a circa 70.000 elettori (se si sommano le tre liste che si riferivano all’ area della autodeterminazione sarda) nel 2019, e la stessa situazione si è ripetuta l’anno scorso per i 65.000 elettori che hanno votato Renato Soru.
Insomma, non stiamo parlando di pochi voti, ma di decine di migliaia di persone che ogni 5 anni non sono rappresentati da alcun consigliere regionale.
Nella attuale legge, appare dunque chiaro, la rappresentanza politica non è garantita: queste soglie vanno riviste.
Quello che noi proponiamo è un’unica soglia al 2% per le singole liste e per le coalizioni, che, sostanzialmente, è come non avere alcuna soglia.
Mi spiego meglio: il 2% equivale ad un quoziente intero in una circoscrizione elettorale, cioè al numero di voti necessari ad avere almeno un seggio in consiglio regionale: parliamo, stando al numero di persone che attualmente vanno a votare in Sardegna, di circa 12.000 voti.
Solo in questo modo verrebbe assicurata ciò che, appunto, ad oggi manca: una vera e propria rappresentanza politica.
Passiamo alla rappresentanza territoriale: l’unico modo per raggiungerla veramente è quello di riequilibrare le circoscrizioni elettorali; attualmente c’è troppo squilibrio, basti pensare che quella di Cagliari e Sassari eleggono 32 consiglieri regionali su 60.
Per esempio, la circoscrizione del capoluogo potrebbe essere divisa in 3 sotto-circoscrizioni.
La nostra proposta non solo permetterebbe di mantenere la proporzionalità tra numero di abitanti ed eletti, ma risponderebbe anche ad un’altra ragione molto pratica: quella di Cagliari, per esempio, è una circoscrizione così grande che un candidato consigliere non riesce a percorrerla tutta, né quando è candidato né quando viene eletto.
Il risultato? Una volta entrato in Consiglio regionale manterrà i rapporti solo con quei comuni in cui ha preso voti.
Terzo e ultimo punto: la rappresentanza di genere.
Come associazione riteniamo sia necessario adottare un sistema di tre preferenze, e non solo di due come prevede la legge attuale.
Il problema principale delle due preferenze consiste nel fatto che se un elettore vota per due uomini o per due donne viene mantenuta valida la prima preferenza che, normalmente, è per un uomo.
Nella nostra proposta questo non accade: tutte le preferenze, in questa circostanza, verrebbero annullate.
Un esempio virtuoso di come le tre preferenze assicurino una buona condizione di partenza la dimostrano le elezioni europee: attualmente nell’europarlamento le donne sono circa il 40% mentre nel consiglio regionale della Sardegna le donne sono il 16%: 10 su 60 (Presidente compresa).
Questo è quello che noi intendiamo per buona rappresentanza, sotto tutti e tre i punti di vista.”
Passiamo all’energia. Dopo il grande tumulto scaturito dalla legge di iniziativa popolare Pratobello 24 la questione energetica sembra passata in secondo piano.
Si è tanto parlato della necessità di produrre energia pulita ma allo stesso tempo di non consegnarsi alle grandi aziende straniere.
Le chiedo, è realmente possibile?
“Senz’altro, produrre energia pulita e addirittura pensare ad una Sardegna green è possibile, ma solo se le imprese sarde e i politici cambiano mentalità.
Mi spiego meglio: la cosiddetta ‘’invasione’’ delle grande multinazionali del settore elettrico che vorrebbero venire nella nostra isola per realizzare impianti fotovoltaici si può evitare se questi impianti, limitatamente ai valori energetici che sono stati assegnati alla Sardegna, li realizziamo noi sardi.
E’ molto semplice: se le cose le facciamo noi non le possono fare gli altri; ma questo si può fare solo se ci sono le condizioni, perché, sia chiaro, abbiamo sia le competenze tecniche che quelle economiche.
Per creare una Sardegna rinnovabile bisognava fare un grande patto tra politica, attività produttive e la cittadinanza intera per realizzare un reale protagonismo dei sardi nella produzione di energia.
Così facendo avremmo per altro decisamente evitato quello che è accaduto con la Pratobello 24: le firme raccolte sono state 210 mila, quasi il 30 percento di chi vota in Sardegna, circa il 15% dell’intera popolazione, ma questa legge non si discosta troppo dalla legge voluta dalla giunta, che fa sì infatti che solo l’uno per cento del territorio sardo sia considerato ‘’area idonea’’.
Il problema vero è stato nell’atteggiamento negativo della politica, che ha di fatto snobbato tutte queste firme che, al contrario, sarebbero dovute essere onorate cercando una dialettica ed un punto d’ incontro tra le due proposte di legge.
Molte volte, lo voglio sottolineare, l’onere di governo ti impone di fare ciò che a titolo soggettivo non vorresti fare, come prendere in considerazione 210.000 firme; non lo si è fatto e questo, per me, è un vulnus grave.”
Parliamo di trasporti. Come lei sa il ponte sullo stretto di Messina ha ricevuto un importante via libera e sembra che i lavori potrebbero iniziare già entro la fine di quest’anno.
Francesco Pigliaru, ex presidente della Regione Sardegna, ritiene che tutto ciò sia positivo per la nostra isola, perché metterebbe il governo regionale in una posizione di forza nei confronti del Governo centrale per chiedere un maggiore sforzo, anche economico, per i trasporti della Sardegna.
Lei come la vede?
“Non sono d’accordo, è una boutade che non sta né in cielo ne in terra.
Intanto, chissà se si farà questo ponte e in quanto tempo, ma, comunque, non avrà alcun riflesso sui sardi: dubito fortemente che aumenterebbe la forza della giunta regionale, per esempio, sulla continuità territoriale.
Questo programma di continuità territoriale, peraltro, ha diversi limiti: i voli a volte non ci sono e le rotte sono solamente verso Roma e Milano.
Perché neanche una rotta verso il Piemonte, il Veneto o il Sud Italia? È realmente questa la continuità territoriale di cui abbiamo bisogno?
Mi sembra paradossale che in Sardegna, in cui abbiamo una tradizione politica così importante non riusciamo, neanche su questo tema, a trovare una soluzione condivisa per noi sardi.
La mentalità della vecchia politica sulla questione trasporti è ora che cambi.”
Si ringrazia Fernando Codonesu per la disponibilità.
Andrea Olla
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