COSA STA SUCCEDENDO IN RAI?

Si torna a parlare di Rai; dopo il caso Tele-Meloni la maggioranza di governo ha presentato pochi giorni fa in Senato un disegno di legge per la riforma delle modalità elettive del Consiglio di amministrazione della Rai.

Una riforma che cambia sostanzialmente tutto e che sta dando adito a polemiche molto accese.

COME FUNZIONA ADESSO

Al momento il CDA Rai è composto da sette membri in carica per tre anni: uno eletto dai dipendenti Rai, due nominati direttamente dal Ministero dell’economia (Amministratore delegato e Presidente, per il quale però è richiesta la conferma vincolante della commissione di vigilanza Rai con una maggioranza qualificata di due terzi), due sono eletti dalla Camera e due dal Senato.

Queste modalità di nomina sono state, nel corso degli anni, criticate da molti partiti: dal Movimento 5 Stelle alla Lega, sino al Partito Democratico, nonostante queste regole siano previste da una legge, la 220 del 2015, voluta dall’allora Presidente del Consiglio Matteo Renzi.

Questa legge, secondo i partiti sopracitati, ha costituito una ‘’lottizzazione’’ della Rai, cioè una vera e propria spartizione tra partiti dei ruoli chiave all’interno della televisione di stato. 

Un vero e proprio sistema di potere in cui le vittime, di fatto, sono state e sono tutt’oggi la neutralità della TV e la libera informazione dei cittadini italiani.

LA RIFORMA

La riforma presentata dal centrodestra cambia tutto, dal tempo in carica dei componenti, che passa da tre a cinque anni, alle modalità elettive del CDA.

La novità principale è che ad avere un ruolo centrale sarà il Parlamento e non più il Governo: dei sette membri infatti uno verrà sempre nominato dai dipendenti Rai, ma gli altri sei da Camera e Senato (tre membri ciascuno). 

A fare molto discutere sono però le maggioranze richieste: la maggioranza qualificata di due terzi dei componenti sarà necessaria solo per le prime due votazioni, dalla terza votazione in poi sarà sufficiente la maggioranza assoluta.

Stesso discorso vale anche per la nomina del Presidente: il parere della commissione di vigilanza resta vincolante, ma anche in questo caso la maggioranza qualificata dei due terzi è richiesta solo per le prime due votazioni, poi sarà richiesta solo la maggioranza assoluta.

LE REAZIONI DELLA POLITICA

Reazioni opposte, quelle di maggioranza e opposizione, a questo disegno di legge.

La prima sostiene infatti di rendere la Rai più indipendente, escludendo il Governo e facendo diventare il Parlamento vero protagonista delle nomine; dall’altra parte si assiste invece ad un duro attacco delle opposizioni, che denunciano il fatto che, essendo sufficiente solo la maggioranza assoluta dalla terza votazione, la maggioranza di governo potrebbe eleggere da sola i componenti, senza cioè l’appoggio (e dunque l’accordo) con le opposizioni.

E IN EUROPA?

Questo duro scontro è accentuato anche dall’entrata in vigore, lo scorso 8 Agosto, del Media Freedom Act, un regolamento europeo -come tale vincolante per gli stati membri- volto a garantire l’indipendenza dei media del servizio pubblico ma soprattutto l’indipendenza editoriale dei media pubblici.

L’Italia al momento si trova in una posizione critica, principalmente per due motivi: il caso dello spyware Paragon, che ha colpito diversi giornalisti, verrà certamente posto all’attenzione dell’europarlamento da PD e Cinque Stelle e, in secondo luogo, la riforma appena illustrata, che sembra andare contro lo stesso regolamento che prevede, appunto, l’indipendenza editoriale delle TV di Stato.

Ci sarebbe infatti da domandarsi che indipendenza editoriale si possa chiedere ad un Presidente e ad un CDA eletti -proviamo ad ipotizzare- al terzo scrutinio con i soli voti della maggioranza di governo, alla quale, di fatto, sarebbero legati a doppio filo.

CONCLUSIONI

È stato lo stesso Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a definire il giornalismo, proprio pochi giorni fa, come ‘’il cane da guardia contro le tentazioni e gli eccessi del potere’’.

Avere un’informazione libera e indipendente è uno dei pilastri dello Stato democratico, soprattutto in un contesto come quello italiano in cui già esistono importanti giornali e TV private con linee editoriali molto precise e di parte. 

In questo quadro la TV di Stato gioca un ruolo fondamentale: potrebbe rappresentare l’unico e l’ultimo baluardo di neutralità nel campo dell’informazione.  

Andrea Olla

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