NORD E SUD: L’ITALIA VIAGGIA A DUE VELOCITÀ


Tanto si è parlato, negli ultimi mesi, di autonomia differenziata, legge fortemente voluta dalla Lega di Matteo Salvini e in particolare da Roberto Calderoli, storico volto della Lega Nord e attuale ministro per
le Questioni regionali e le autonomie.
Questa legge sostanzialmente permetteva alle regioni a statuto ordinario di ottenere autonomia legislativa su numerose materie che ad oggi, ai sensi dell’articolo 117 della nostra costituzione, sono di competenza concorrente tra lo Stato e le regioni.
Per fare qualche esempio, la legge concedeva autonomia alle regioni in
materie come l’istruzione, la salute, la tutela della sicurezza sul lavoro e soprattutto la possibilità di trattenere parte del gettito fiscale, che invece normalmente viene distribuito su scala nazionale e poi ridistribuito tra le regioni in funzione delle diverse necessità.


La legge, dopo essere stata approvata dal Parlamento, ha scatenato una bufera politica, ma è stata successivamente, in buona parte, bocciata dalla Corte Costituzionale.
La questione è quindi tornata in Parlamento che, se lo vorrà – come auspica il ministro – dovrà intervenire per colmare i vuoti normativi lasciati dalle parti bocciate dalla Consulta.

Il ritorno del dibattito Nord-Sud
Ritengo che tanti siano i difetti di questa legge, ma sicuramente un merito le va riconosciuto: ha finalmente riportato al centro del dibattito politico le disparità tra il Nord e il Sud Italia.

È proprio su questo tema che vorrei soffermarmi oggi, partendo da una domanda: esiste realmente un confine invisibile tra Nord e Sud?
Meridione e Settentrione sono realmente così diversi? E, se sì, in che misura?


Voglio provare a rispondere a questa domanda partendo proprio dall’autonomia, verificando se in alcune delle materie toccate da questa legge fosse già presente una differenza tra i due poli del nostro paese.

Economia, salute e istruzione: dove il divario si fa sentire
Prima ho fatto riferimento al gettito fiscale: la differenza del Pil pro capite, un indicatore del tenore di vita, è subito indicativa: 33.400 euro al Nord, 18.500 al Sud.
Stiamo parlando di quasi il doppio, ma non è finita qui: le differenze aumentano se si va più in profondità; sorprende, ad esempio, che la regione del Nord più povera, la Liguria, sia comunque più ricca della regione del Centro-Sud più ricca, l’Abruzzo: 31.000 euro a fronte di 25.400 euro.

Un altro punto toccato dalla legge era quello della tutela della salute, tema peraltro recentemente tornato al centro del dibattito politico, soprattutto grazie – va riconosciuto – al Partito Democratico.


È probabilmente l’ambito in cui è più evidente il confine invisibile che
divide il Nord dal Sud.


Mi ha molto colpito sentire un’intervista al governatore del Veneto, Luca Zaia – tra i promotori dell’autonomia – che raccontava di un dialogo con una donna meridionale, secondo cui la migliore sanità del Sud è… il treno.
Potrebbe sembrare una visione fuori dalla realtà, ma a confermarcelo sono, ancora una volta, i dati.

Eppure il diritto alla salute è riconosciuto a tutti i cittadini, e in egual misura, così come prevede l’articolo 32 della Costituzione, che addirittura lo definisce come fondamentale diritto dell’individuo.
A questo punto però, mi chiedo, c’è uguaglianza tra cittadini in un Paese in cui il
tasso di mortalità infantile in Toscana è di 1,8 su 1000 e in Sicilia 3,3 su 1000 persone? In un paese in cui la percentuale delle famiglie in povertà sanitaria, quelle cioè che hanno difficoltà o addirittura rinunciano a curarsi, al Sud è all’ 8% e al Nord al 4%?

In un paese in cui 12.401 pazienti meridionali affetti da patologie oncologiche si sono spostati al Nord per ricevere cure adeguate ma solo 811 hanno fatto il viaggio inverso?

Ci sono tanti altri campi in cui questa disparità emerge con ancora più chiarezza, faccio giusto un ultimo esempio: l’istruzione.
C’è un dato che parla per tutti: considerando la scuola nel suo complesso, la spesa per investimenti è 34,6 euro per un alunno del
Sud e 54 euro per uno del Nord.
Anche in questo campo, purtroppo, c’è disuguaglianza.

Per tirare le fila…
Ci sarebbe da chiedersi dunque se l’autonomia differenziata così come è stata approvata dal Parlamento avrebbe rappresentato un aiuto o sarebbe stato, al contrario, il colpo di grazia per il Meridione.
Personalmente concordo con quanto dichiarato da Adriano Giannola, direttore di Svimez, una associazione che si occupa dello sviluppo del mezzogiorno, il quale ha dichiarato che ‘’con l’autonomia differenziata i divari educativi rischiano di costituzionalizzarsi, cioè di diventare
costituzionalmente garantiti, ma garantiti in peggio’’.

Aldo Moro, per esempio, sosteneva che ‘’è necessario, in una società democratica, che lo Stato non sia di alcuni, ma di tutti; non sia la fortuna di pochi, ma la solidarietà sociale resa possibile dal maturare della coscienza democratica e alimentata dalla consapevolezza del valore dell’uomo e delle ragioni preminenti della giustizia’’.

Forse è da questa frase, tanto complessa quanto veritiera, pronunciata nel lontano Ottobre del 1959, durante un congresso della democrazia cristiana, da cui
dovremmo imparare.

Siamo un paese già profondamente diviso da ragioni storiche, politiche, sociali, economiche: è importante eliminare, o quantomeno ridurre il divario, ma questo può accadere solo attuando piani seri per il Sud, così da farlo crescere e far crescere, di
conseguenza, tutta l’Italia.

Forse, questa piaga della divisione nella quale spesso ci si gira il coltello, dovremmo provare, invece, a ricucirla.

Andrea Olla

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