INTERVISTA A MATTEO LECIS COCCO-ORTU

Ho avuto il piacere di intervistare Matteo Lecis Cocco-Ortu, attuale vicepresidente del consiglio comunale e della commissione bilancio del comune di Cagliari.

Abbiamo parlato delle recenti elezioni regionali, che lo hanno visto interessato in prima persona come candidato nella lista del Partito Democratico, della vittoria di Alessandra Todde, di giovani e dei problemi che da tanti anni ci sono in Sardegna e nel suo capoluogo, ma soprattutto abbiamo ragionato su come poterli risolvere.

Buona lettura!

-Innanzitutto una curiosità, che cosa significa ‘’il nostro tempo’’, lo slogan che hai utilizzato nella campagna elettorale per le regionali?

“Ho scelto questo slogan perché, quando stavo decidendo se candidarmi o no, ho parlato con diverse persone, soprattutto under 40, che mi dicevano ‘’perchè no? c’è bisogno di fare tante cose!’’.

In quel ho capito che era tempo di mettersi in gioco.

In secondo luogo l’ho scelto perchè per me tempo significa urgenza di agire e di mettersi al lavoro.

In politica, infatti, il fattore tempo non viene quasi mai considerato.  Quanto spesso sentiamo dire che bisogna fare questo e fare quell’altro, ma poi non si fa mai nulla di concreto? Noi viviamo qui ed ora, è adesso che bisogna agire. 

Ci tengo a sottolineare che è ”il nostro” tempo, perchè questo è un progetto che non può prescindere dalla collettività e dal lavorare assieme per un obbiettivo comune.

Il simbolo che accompagna lo slogan è una clessidra, simbolo che il tempo sta per esaurirsi; pensiamo ai cambiamenti climatici e a tutte le rapide trasformazioni che vediamo nella nostra società. Bisogna agire ora. 

La cosa bella della clessidra è che si può girare e far ripartire il tempo, ma per fare questo dobbiamo metterci d’impegno.”

-Parliamo ora della vittoria alle regionali del 25 Febbraio di Alessandra Todde. Come e perché è arrivata questa vittoria?

“La vittoria di Alessandra Todde è arrivata per diversi motivi.

In questo momento in Italia tira un forte vento di destra e c’è un approccio molto leaderistico alla politica. 

Quello del campo largo è stato un progetto politico opposto a questa tendenza. 

Il programma è stato scritto congiuntamente e soprattutto è stata scelta una figura di grande discontinuità rispetto al passato, perché è stata scelta innanzitutto una donna, e poi la presidente non ha mai fatto politica in Sardegna ma ai massimi livelli nazionali, insomma, per la politica regionale sarda rappresenta una grande e positiva novità. 

C’è anche da dire che il centrodestra ha commesso numerosi errori; in primis il candidato, che, oltre ad esser stato scelto in modo assai litigioso, è stato il peggior candidato possibile, tant’è che da sindaco di Cagliari ha perso le elezioni soprattutto a Cagliari, cioè nella città in cui amministra. 

Nonostante all’inizio il centrosinistra sembrava spaccato, con la candidatura di Renato Soru, è stato fatto un ottimo lavoro dalla coalizione a trazione PD e M5S, che nonostante questo si è presentata compatta con un progetto credibile.

Questo è stato premiato dagli elettori.”

-La neo governatrice ha da subito ribadito come nel suo progetto politico darà centralità a donne e giovani. 

Che cosa significa questo in senso pratico?

“Anche questo è legato alla collettività che ha contraddistinto questo progetto politico. Si dà centralità a donne e giovani facendo scelte concrete e la Todde ne ha già dato dimostrazione durante la campagna elettorale; è anche questo che mi ha spinto a candidarmi con lei.

La presidente infatti ha scelto, una volta individuata come candidata del centrosinistra, due ragazzi di 27 anni per ricoprire dei ruoli cruciali per la campagna.

Il suo collaboratore parlamentare, Stefano Ferreli, aveva il compito di organizzare le diverse tappe dal punto di vista logistico, mentre l’altro ragazzo era l’addetto stampa, altra figura chiave. 

La Todde ha dato responsabilità concrete a giovani che spesso vengono trattati solo come riempi liste, ecco, questo significa dare concretezza alle parole.

Anche Massimo Zedda, ad esempio, in tutte le sue giunte, tra i posti più rilevanti ha sempre incaricato delle donne, sia negli assessorati più importanti che nella carica di direttore generale; con Zedda sono sempre state due donne.”

-E ora parliamo di giovani. In questi ultimi 5 anni il rapporto tra città e giovani è cambiato in meglio o in peggio? 

Che cosa è stato fatto e cosa c’è ancora da fare?

“In questi cinque anni in consiglio comunale abbiamo lavorato per costituire una consulta giovani, che prima non esisteva, e come consiglio abbiamo scritto il suo regolamento. 

In consiglio abbiamo anche presentato una mozione, a cui ho tenuto particolarmente, sul rapporto tra il comune e gli studenti dell’università, tant’è che la prima assessora all’istruzione, Rita Dedola, aveva anche avviato un tavolo assieme ai rappresentati degli studenti dell’università per condividere le scelte politiche della città.

Questo tavolo non è stato poi portato avanti. 

Una cosa che è peggiorata è che in consiglio si è parlato dei giovani troppo spesso per parlare di giovani e ”malamovida”.

I giovani in quest’ultimo periodo sono percepiti più come un problema che come una risorsa, e questo non va bene.”

-Spesso nel mio blog parlo della distanza che c’è tra giovani e politica e molti ragazzi mi raccontano che ciò che li tiene distanti dalla politica è la classe politica stessa che nella maggior parte dei casi è abbastanza anziana.

Ti vedi come possibile ponte tra giovani e politica? 

“Assolutamente si, credo che il mio impegno in politica abbia questo come uno degli obbiettivi: far capire che la politica è utile per le nuove generazioni. 

Quando venni eletto, nel 2011, organizzai tre edizioni di un laboratorio di partecipazione politica per coinvolgere i giovani, che aveva l’obbiettivo di far conoscere come funziona l’amministrazione pubblica e le politiche giovanili, anche a livello nazionale. 

Del tema giovani e politica mi sto continuando ad impegnare ancora oggi; il partito mi ha chiesto di coordinare la realizzazione del programma per le prossime elezioni comunali, e io ho contattato tutti i circoli del PD per contattare gli iscritti ma soprattutto per contattare la componente giovanile. 

E’ necessario che chi ha responsabilità di governo faccia un passo avanti, collaborando con i giovani, e non delegando solo le politiche strettamente giovanili, ma lavorando insieme su tutte le differenti tematiche.

I giovani hanno molta voglia di ascoltare, di imparare e soprattutto di fare.”

-Parliamo ora di diritti civili.  Ho notato che nella campagna elettorale per le regionali ti sei speso molto sul tema. 

Con la segreteria Schlein questo tema sta diventando sempre più prioritario per il Partito Democratico.

Quali sono i prossimi passi per l’acquisizione dei diritti della comunità LGBT? 

“Il prossimo passo è certamente quello di fare delle leggi per tutelare le persone più fragili; tutti ricordiamo l’affossamento della legge ZAN. Avere delle leggi che tutelano la categoria LGBT permette a queste persone di essere più tutelate e vivere con maggiore tranquillità. 

Ritengo che il tema della famiglia sia fondamentale. 

Bisogna smettere di distinguere famiglie di serie A e famiglie di serie B. 

In questi ultimi anni si è fatto un passo avanti, con la legge Cirinnà, durante il governo Renzi, che ha permesso le unioni civili.

Questa legge è stata molto importante dal punto di vista culturale per l’Italia e ha fatto uscire allo scoperto una realtà che esisteva ma che per troppo tempo era stata costretta a nascondersi.”

Cosa rispondi a chi dice che attuare politiche per i diritti civili non è una priorità per il paese?

“E’ prioritario battersi per questi diritti è perché queste violenze, sia fisiche che psicologiche, causano ancora oggi un numero impressionante di morti, suicidi, vite non libere, che in uno stato occidentale, nel 2024, non sono normali. 

Non è possibile che alcune persone non possano vivere liberamente per ciò che sono a causa dei condizionamenti esterni e dell’assenza di una cultura di libertà, di dialogo ed aperta.

Diffido da chi fa politica con il ‘’benaltrismo’’, cioè quando qualcuno porta avanti battaglie di giustizia sociale viene accusato di non occuparsi di problemi considerati più importanti. 

Questo è uno dei mali, come l’indifferenza, che chi fa politica deve riconoscere ed andare a fondo. 

Se c’è un battaglia di giustizia, anche se le persone interessate sono poche, perché non farla? 

E’ perfino la corte costituzionale che chiede alla politica di intervenire.

Per molto tempo, infatti, la politica non ha legiferato su temi cruciali come il fine vita o i diritti LGBT e i giudici sono costretti a dover prendere decisioni a causa di normative non adeguate.

I partiti devono prendere una posizione.”

-Nel corso della tua carriera politica ti sei occupato di spopolamento, un problema che colpisce soprattutto i paesi interni della nostra isola. 

Quali potrebbero essere delle politiche adeguate a risolvere questo problema? 

“Sicuramente questo è un tema molto complesso. 

La Sardegna si sta spopolando, ma bisogna ricordarsi che quello dello spopolamento è un fenomeno che sta colpendo anche l’Italia e l’occidente, dove l’inurbamento sta portando tanti territori ad essere abbandonati.

Questo problema va affrontato in modo strutturale, non con singoli bonus, ma con una politica complessiva, che vada a considerare tutte le cause dello spopolamento, in primis la denatalità.

La Sardegna è una delle regioni d’Europa in cui il tasso di natalità è molto basso, non ci sono più servizi a causa dell’accorpamento delle aree interne, che risentono dei limiti della mobilità interna.

La cosa più importante è che gli amministratori locali devono essere sempre più stimolati e convinti che bisogna lavorare come territorio, e non come singoli comuni, soprattutto per chiedere risorse che creino lavoro ed una buona qualità della vita. 

La Gallura, per esempio, ha portato avanti un progetto molto interessante, chiamato ”la città dei paesi”, nel quale i paesi del territorio venivano considerati come i quartieri di una città. 

Sono stati individuati dei servizi che potessero essere messi assieme per vivere una realtà che non è quella del paese ma nemmeno di una grande città.”

-Credi che la pratica delle ‘’case ad un euro’’, politica attuata in alcuni paesi della Sardegna, possa funzionare? 

“Quella delle case ad un euro può essere una politica utile solo se viene affiancata ad altre politiche strutturali, da sola non funziona, ne abbiamo avuto dimostrazione ad Ollollai ed in altri paesi. 

Questa pratica rischia infatti di non portare nuovi abitanti, ma solo la nascita di nuove strutture ricettive. 

In un mondo in cui il numero di abitanti sta crescendo vertiginosamente, noi abbiamo un’isola che può e deve aprire le porte a quelle persone che, per diversi motivi, scappano dal loro luogo d’origine.

Combattere lo spopolamento è la sfida che le future generazioni sono chiamate ad affrontare.

I giovani sanno già che probabilmente trascorreranno la propria vita altrove, in un luogo diverso dal quale sono nati e cresciuti.

La Sardegna è l’altrove di qualcun altro.

Ciò che va fatto è quindi contemporaneamente mantenere un legame con i sardi che vivono nella penisola o all’estero, e allo stesso tempo attrarre nuove persone.”

Andrea Olla

Lascia un commento