Quanto spesso di sente dire che la scuola deve stare al passo con i tempi, che deve cambiare, eppure in un mondo che si evolve sembra sempre più ferma, immobile, paralizzata tra cattedre e banchi.
La scuola è da decenni impantanata, come nelle sabbie mobili, alle sue lezioni frontali, nel quale l’insegnante spiega e gli studenti prendono appunti, spesso annoiati dalla ripetizione costante, giorno dopo giorno, delle stesse materie spiegate allo stesso modo.
E’ realmente questo il senso della scuola? Dov’è finito il piacere che gli studenti dovrebbero avere nell’andare a scuola?
Gli studenti del 2024 sono diversi, per cultura e mentalità, da quelli del 1950, eppure il metodo di insegnamento è rimasto lo stesso.
La scuola ha gli strumenti per cambiare ed evolversi, non solo in chiave digitale, nel quale soprattutto al Sud si è ancora in un problematico stato di arretratezza, emerso con la pandemia nel 2020, ma soprattutto può cambiare in meglio sul modo di insegnare.
Sia chiaro, non sto dicendo che le lezioni frontali siano inefficaci ed inutili, di fatto sono la spina dorsale dell’apprendimento, ma ciò in cui credo fermamente è che questa tipologia di insegnamento non deve assolutamente essere l’unico modo di insegnare.
Possiamo distinguere, tra le varie modalità di insegnamento che la scuola ha a disposizione per educare gli studenti in modo diverso, nuovo ed innovativo, due tipologie.
La prima è quella degli insegnamenti che concernono strettamente le materie, come andare in laboratorio, per esempio di fisica o scienze, al posto della classica spiegazione.
La seconda tipologia è quella degli insegnamenti e delle esperienze che non trattano una materia nello specifico, ma che comunque si concentrano sulla crescita culturale dello studente.
Penso al teatro, alle conferenze, ai vaggi di istruzione, per esempio. Il fatto che non riguardino unicamente una determinata materia non significa che siano inutili, anzi, spesso sono più utili e funzionali rispetto a molte altre lezioni frontali.
Il nemico numero uno di quest’ultima tipologia di insegnamento è certamente l’errato preconcetto di alcuni insegnanti, presidi, e a volte ministri dell’istruzione.
Quante volte si sente dire che andare a teatro in orario curricolare è perdere lezione, quante volte si sente dire che un viaggio d’istruzione è solo una vacanza, quante volte si sente dire che si dovrebbe stare più a scuola e “perdere meno tempo” a fare attività extrascolastiche con la scuola, che non a caso si chiamano attività formative; Perché guardare un film a scuola è considerato perdere tempo? Perchè la settimana dell’educazione civica viene definita inutile?
Potrei, purtroppo, continuare all’infinito…
Ho parlato con alcuni ragazzi, per cercare di capire se la mia opinione trovava condivisione.
Ho intervistato Luca, 19 anni, al primo anno di università.
Gli chiedo quanto per lui abbiano inciso quei momenti di apprendimento diversi dalla classica lezione di cui lui ha potuto fare esperienza.
Mi dice che per lui, e sono certo che se lo chiedessi ad altri cento studenti mi direbbero la stessa cosa, sono state più formative alcune esperienze diverse dalla classica lezione che tante altre lezioni “all’ antica”.
Luca ci tiene a sottolineare quanto questi insegnamneti alternativi possano essere una risorsa solo se usati con criterio.
Mi dice infatti che l’utilità dell’apprendimento “nuovo” è sempre legato alla materia; per lui bisogna soprattutto premere sui laboratori, ad esempio, perché toccare con mano la disciplina che si sta studiando, oltre che essere maggiormente accattivante ed interessante rispetto ad una classica lezione teorica, è anche molto più funzionale.
Parlo poi con Daniele, con il quale discuto soprattutto dell’alternanza scuola lavoro, che in quest’ottica di rinnovamento educativo potrebbe giocare un ruolo centrale.
Convergiamo nell’idea che ora questa attività sia ridotta, nei licei, al dover leggere un libro e scrivere una recensione.
E’ davvero questo questo il suo senso?
Daniele è abbastanza netto, mi dice infatti che a suo avviso l’alternanza scuola lavoro nei licei dovrebbe essere abrogata, ma lascia aperto un piccolo spiraglio: c’è bisogno di una grossa riforma, se bisogna mantenerla nei licei deve essere modificata, mi dice con fermezza.
Gli chiedo poi la sua opinione sui vari pregiudizi di cui vi raccontavo sopra.
Mi dice che questo paradigma va assolutamente cambiato, perché, sostiene, la cultura, grande problema degli studenti di oggi, non si può accrescere solo con le lezioni frontali, ma anche con persone esterne che portano le loro esperienze all’interno della scuola.
Sottoscrivo pienamente ciò che ha detto Daniele.
La scuola deve evolversi, non paralizzarsi; deve cambiare, non essere immobile nel tempo.
Solo così potremo veramente avere studenti non solo più istruiti, ma soprattutto più appassionati e che abbiano veramente voglia di venire a scuola, di fare scuola e di essere scuola.
A dover fare un passo avanti da questo punto di vista sono certamente le istituzioni, ma anche gli studenti, che devono essere disposti ad accogliere le opportunità di apprendimento diverse dalle solite che gli vengono proposte dai docenti.
Ne va del futuro di noi studenti e di quelli che verranno dopo di noi.
Andrea Olla
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